Ha fatto scalpore nei giorni scorsi la notizia che la nuova diga del Porto di Genova verrà destinata a un doppio uso civile e militare. Il sub-commissario all’opera, Carlo De Simone, in merito alle funzioni della nuova diga ha dichiarato: “…in caso di crisi (bellica, ndr) è utile perché consente lo sbarco di portaerei leggere, navi Nato e strumenti e truppe. È il tema della mobilitary use […] Il programma messo a punto dall’Unione europea per facilitare gli spostamenti rapidi di truppe e contingenti all’interno dell’Europa”. Ricordiamo che l’Italia ha recentemente aderito all’aumento delle spese militari al 5% del PIL dall’attuale 2%, come richiesto in sede Nato su spinta degli Stati Uniti.

Un aumento esorbitante, stimato in 40 miliardi in più all’anno in spese militari per i prossimi dieci anni, che significa nel concreto adottare una delle seguenti strade: aumentare significativamente le tasse, tagliare la spesa sociale e i servizi pubblici, o far aumentare il debito pubblico già oltre il 137% del PIL.  Non è un caso quindi che De Simone, commentando il “dual use” della nuova diga foranea, abbia sottolineato l’importanza della diga come opera strategica da inserire all’interno della lista di infrastrutture volute dal “nuovo corso” militarista imposto dall’Alleanza Atlantica, insieme all’ormai mitologico ponte sullo Stretto di Messina.

Se il centrodestra approva un piano che, tra le altre cose, costringerà sia quello in carica che i prossimi governi a manovre lacrime e sangue per soddisfare il delirio bellicista della Nato, cosa fa il centrosinistra? Di fronte alle notizie che arrivano dal Porto, strabuzza gli occhi e si meraviglia, puntando il dito contro il governo centrale. I senatori Pirondini (M5S) e Basso (PD) scoprono improvvisamente che Genova col cambio di rotta sull’utilizzo della diga diventa un “obiettivo sensibile” dal punto di vista militare. Una sensibilità insolita da parte di gruppi politici che hanno sostenuto senza indugi l’armamento dell’Ucraina contro la Russia del “dittatore Putin”, ignorando le ragioni profonde del conflitto e alimentando un buco nero che va avanti da tre anni e non accenna a volersi arrestare. Lo stesso centrosinistra che di fatto appoggia la commissaria UE Von der Leyen – tra le più accanite sostenitrici del riarmo e dell’ostilità nei confronti della Russia – e farà sì che passi indenne la mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata dai conservatori romeni relativamente al cosiddetto Pfizergate, altro grande scandalo che ha coinvolto in modo diretto la Commissione riguardo gli accordi stretti con Pfizer per ottenere grandi quantità di vaccini anti-covid in tempi e modi non ortodossi (per non dire peggio). Ma questa è un’altra storia.

Peraltro, suggeriamo sommessamente a Pirondini, Basso e alle altre anime candide del centrosinistra una modesta considerazione che come Uniti per la Costituzione abbiamo già fatto a più riprese durante la scorsa campagna elettorale: Genova è già un obiettivo sensibile dal punto di vista militare, lo è per la presenza in città di aziende come Leonardo e Fincantieri e per il fatto che il porto, al di là della destinazione d’uso della nuova diga, è già di per sé un importante hub per il transito di armamenti, come dimostrato negli ultimi anni anni dalle lotte dei portuali contro le navi che trasportano armi dirette in Medio Oriente, le quali fanno spesso tappa a Genova.

Detto ciò, rimane il fatto che il “dual use” della diga sia un pessimo segnale della militarizzazione della nostra società, attualmente in atto e destinata a durare nel tempo. Complice un governo incapace di alzare la testa di fronte ai diktat americani – come invece ha fatto la Spagna, un’anomalia nello scenario europeo – aspettiamoci che persino un’opera oggetto da sempre di ironie e barzellette come il ponte di Messina presto diventi realtà, con la benedizione di Bruxelles e di Washington, mentre la sinistra fa finta di fare opposizione, adottando le strategie del gatekeeping.

In questo quadro, il tema del recupero di sovranità rimane centrale, mentre le organizzazioni internazionali che ci dominano appaiono sempre più avvitate su loro stesse e il pericolo di un’escalation è ormai palpabile. Occorre preparare il terreno allo sviluppo di una rinascita del pensiero politico-culturale nel nostro Paese, capace di superare le formule vuote della scena politica attuale – tanto mainstream quanto “alternativa” – e cogliere idee e proposte al passo con le sfide dei tempi che stiamo vivendo.

Uniti Per la Costituzione
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